MEMORIE DI TOTO': Macario racconta... (a cura di Domenico Livigni)

 Nel lontano 1927, una clausola contrattuale legava Macario a Isa Bluette. Proprio per questa ragione, il comico fu costretto a disimpegnarsi con la compagnia di Achille Maresca, con la quale aveva ottenuto successi nazionali con la Rivista Madama Follia di Ripp e Bel Ami. Il cavaliere Maresca accettò la sua decisione, però ad una condizione, bisognava trovare un degno sostituto! E fu allora che Macario, bazzicando tra i diversi teatri suburbani di Milano, ebbe il primo avvicinamento con il comico napoletano (Totò), adocchiando in lui una novità comica totalmente conturbante, sensazionale e incontrollabile. La sua presenza in scena era quasi snodata, al punto tale che i suoi lazzi, generati da inesauribili movimenti rotatori, sembravano tanti colpi di frusta, scagliati da un animoso domatore di circo. Un addomesticatore tendente a punzecchiare, per ottenere, come risultato rimbombante, ruggiti ridenti di un pubblico docile. Questa efficienza di lasciare e, nello stesso tempo, di tenere le briglie di una veemenza trascinante di tal fatta, che caratterizzava la prepotenza di Totò, spinse l’attore piemontese ad esclamare: “Ecco il comico perfetto che fa per me!

Scopriamo cosa Macario raccontò in proposito in un'intervista rilasciata per la rivista Gente nel 1972 (Macario racconta l'avventurosa e patetica storia della sua vita e dei suoi successi di Giuseppe Grieco, terza puntata di Gente, 13 maggio 1972, N.19, A. XVI):

 “Io l’ho conosciuto quando troppa gente rideva di quelle che in lui sembravano smanie nobiliari, e posso assicurarti che Totò era un principe nato. Mai una volta che abbia osservato nella sua persona un segno di trascuratezza. Anche allora (ti parlo del 1927), sebbene non guadagnasse cifre favolose, era di una eleganza e raffinatezza che mozzava il respiro. Indossava solo vestiti confezionati da grandi sarti, camicie con il colletto duro, cappelli di prima scelta. I suoi cappotti avevano sempre il colletto di pelliccia. Il suo linguaggio era misurato, serio, da gran signore che si prestava, per vivere, a recitare una parte nella quale la sua anima non era per niente coinvolta.
Mi avevano fatto una proposta vantaggiosa, e io chiesi all’impresario Achille Maresca, il padre delle future soubrette Marisa e Lidia, la futura moglie di Peppino De Filippo, di lasciarmi libero. Achille Maresca rispose che mi lasciava andare solo se gli trovavo un comico capace di sostituirmi nella rivista. In questi giorni si esibiva al varietà Apollo, un cafè-chatant che stava sotto i portici di piazza Duomo, un comico napoletano di cui tutti dicevano un gran bene. Andai a vederlo, e mi piacque moltissimo. Era Totò. Durante una pausa lo avvicinai: «Le piacerebbe fare la rivista?» Gli chiesi. Lui mi guardò perplesso: «Devo parlare molto?» s’informò. «Dipende» risposi. Rimanemmo d’accordo che il giorno dopo avrei portato Maresca a vederlo. L’impresario si mostrò piuttosto scettico sulla mia scoperta. Venne tuttavia all’Apollo e non ebbi più bisogno di parlare per convincerlo a scritturare Totò: gli offrì il mio posto all’istante. Eravamo al principio della settimana. Per alcune sere, fino alla domenica, Totò venne a vedere la rivista per rendersi conto della parte. Il lunedì debuttò ma non ebbe successo. Maresca si strappò i capelli dalla rabbia e se la prese con me dicendo che lo avevo doppiamente tradito. Mi arrabbiai anch’io e gli risposi per le rime: «Porco cane!» dissi. «La colpa del fiasco è tutta vostra. Che idea vi è venuta in testa di far fare a Totò quello che faceva Macario? Voi a Totò dovete lasciarlo libero di essere se stesso». Maresca allora chiamò il maestro Armando Fragna e gli ordinò di accelerare il ritmo delle musiche, assecondando le evoluzioni naturali di Totò, che era un mimo nato. C’era nella rivista una scenetta intitolata Mentre cadeva la neve che io facevo lentissimo volteggiando come un Pierrot. Con Totò divenne un balletto surreale, con lui che pareva una marionetta snodabile mossa da fili invisibili. Già durante le prove tutti si resero conto che ne veniva fuori un’altra cosa, con effetti irresistibili. Totò ce la mise tutta, e il pubblico gli diede ragione. Fu un vero trionfo. Maresca si persuase a insistere con il nuovo comico che gli avevo trovato e io ero felicissimo della mia scoperta. Da allora io e Totò diventammo amici e scambiammo spesso le nostre esperienze […]"

"Macario e Totò" di Domenico Livigni, pubblicato nel volume "Totò con i 4" (Apeiron Edizioni, SERIE ORO). 



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