MEMORIE DI TOTO': Un provino per "Darò un milione" (di Domenico Livigni)


Tra i mesi di luglio e agosto del 1935 procedeva alacremente la lavorazione della pellicola "Darò un milione" di Mario Camerini. Girato in numerosi esterni tra Roma, Verona e Piacenza e ambientato in una cittadina della Francia, i protagonisti della vicenda comica-romantica furono la coppia Vittorio De Sica ed Assia Noris, la tenera coppia brillante del Cinema dei telefoni bianchi e della Commedia sentimentale. Era la storia di un milionario, stanco dei propri averi, che si travestiva da povero, offrendo un milione a colui che avesse compiuto un gesto generoso e spontaneo nei suoi confronti. 

Ed ecco che tutta la narrazione del film si incentrava sulla caccia del “povero ricco”, ripristinando una realtà fatta di poveri e di straccioni (motivo cardinale dell’ambientazione estera). Un soggetto ideato e scritto da Giacinto Mondaini e da Cesare Zavattini, giovane e brillante giornalista, il quale per il ruolo di Blim, un povero accattone soccorso dal protagonista della storia, ebbe l’intuizione di proporre a Camerini il nome di Totò. Ma il regista romano, nonostante fosse incerto sulla convinzione ardita del giovane sceneggiatore, convocò il comico napoletano per un provino, che non ebbe buon esito. Totò, per cause teatrali (legate a una lunga tournée) non poté essere disponibile per l’inizio delle riprese. Addirittura Zavattini, per la parte del povero mendicante, propose il nome di Buster Keaton, ricevendo ancora una volta un ennesimo rifiuto del regista. Ed ecco che fu convocato anche Macario, per il ruolo di Blim. Ma durante il provino, Camerini liquidò freddamente il comico torinese, procurandogli la centesima scontentezza cinematografica. La scelta finale cadde su Luigi Almirante, appropriato e molto più adatto allo stile registico leggero e borghese di Camerini. Forse, i silenzi taglienti di Keaton e gli atteggiamenti irreali di Totò e di Macario non si potevano armonizzare con quella distensione ordinata, proprio perché in quegli anni la cinematografia era diventata l’arma più forte. Nel 1935, con la nascita del Centro Sperimentale e l’accordo Ciano-Hays (accordo sancito per l’importazione di 250 film americani all’anno), l’Italia venne fornita di quegli elementi preliminari dell’educazione cinematografica, con lo scopo di ottenere una legittima padronanza di sé, partendo con i propri interpreti, sceneggiatori e registi. 


Il 1937 fu l’anno della svolta con l’inaugurazione di Cinecittà, un insieme di stabilimenti cinematografici, che diventò il centro d’Europa di teatri di posa e di laboratori (gestito dalle mani dello Stato). Quindi, l’atomo paradossale dell’artista Macario, su questa veduta articolata, inizialmente ebbe difficoltà di avventarsi a piene forze, non potendo esercitare la sua libertà comica e incisiva, la sua caratterizzazione che ebbe modo di sfolgorare su tutti i palcoscenici d’Italia, dai quali la cognizione del pubblico non mancava mai. Anche l’anticonformismo affibbiato alla sagoma e al volto di Totò, fu travisato e sciupato da diversi produttori e autori, competenti di questo nuovo modo di fare spettacolo…

Tratto da “Macario e Totò” di Domenico Livigni, dal volume "Totò con i 4" (Apeiron edizioni, SERIE ORO).

Commenti

Post popolari in questo blog

Le 10... MIGLIORI "SPALLE" DI TOTO' (a cura di Giuseppe Cozzolino)

I 10... "PEGGIORI" FILM (a cura di Giuseppe Cozzolino)

MEMORIE DI TOTO': Totò e il suo Autista (A cura di Domenico Livigni)