I Giganti della Commedia: BENIAMINO MAGGIO (a cura di Domenico Livigni)

 Pochi erano i trucchi di una comicità sana e schietta che, fin dalle sue origini greche e latine, aveva saputo creare personaggi e maschere indelebili. Un umorismo nel quale bastava un lieve cenno, uno sguardo, una parola, perché lo spettatore comprendesse la farsa e la spontaneità delle cose rappresentate davanti ai suoi occhi. Beniamino Maggio, figlio di una numerosa famiglianata sulle tavole del palcoscenico, era a conoscenza di tutti questi segreti dell’Arte, come interprete e, in certi casi, anche come autore. Beniamino era il comico perfetto, aveva il cosiddetto “physique du rôle” del mimo, ma anche del funambolo, del buffone scatenato e dell’acrobata. 


E fu proprio con un gioco acrobatico che, all’età di 13 anni, si ruppe una gamba e da allora fu costretto a portare una protesi di cuoio. Oggi, a trent’anni dalla sua scomparsa, ricordiamo con nostalgia un certo modo di concepire e fare il teatro, un teatro che si basava principalmente sull’abilità mimica, sull’espressività corporea e su un repertorio di lazzi e canovacci tramandati all’interno delle famiglie teatrali. Memorabili (e probabilmente insuperabili) furono i duetti comici di Beniamino eseguiti in coppia con la sorella Rosalia: primo fra tutti, quello della canzone Core ‘ngrato, dove il gioco di parole, fatto di equivoci e di scherzi, trasformava il dramma dei versi d’un amore non corrisposto in uno scenario grottesco, composto di pathos e di riso. Dopo l’esperienza della “sceneggiata”, Beniamino Maggio sperimentò il Teatro di Rivista e proprio con questo genere di spettacolo misto, nel 1957 fu anche scopritore di talenti. Nella compagnia della rivista Venere con i baffi di Amendola e Maccari, c’era un giovanissimo Johnny Dorelli, figlio di un grande amico del comico napoletano e, ogniqualvolta che il giovane artista saliva sul palco e iniziava a cantare, Beniamino lo sponsorizzava tra i colleghi e con grande entusiasmo affermava: “O guaglione farà carriera!”. E difatti, di carriera Dorelli ne ha fatta! Nel corso della sua lunga e prolifica vita artistica, Beniamino lavorò assiduamente anche con grandi autori del teatro, come Eduardo De Filippo e il duo Garinei e Giovannini. 


E proprio grazie all’interesse di questi ultimi, celebre “ditta” della commedia musicale, Maggio ebbe modo di esprimere la propria identità di comico e la sua arte singolare nel Festival dell’Avanspettacolo, gara che si svolse al Teatro Sistina nel 1964; arrivò primo, battendo diverse squadre di altri beniamini dei teatri popolari. Durante la cerimonia della premiazione – come ricordò lo stesso artista in un’intervista – Sophia Loren gli sussurrò in un orecchio “Beniamì, si’ tutta Napule!” e il Principe della Risata, Totò, disse che aveva sentito nella sua voce, nelle sue gag, il teatro della sua gioventù.


 Una faccia buffa, gli occhi spalancati, l’espressione stupita, e per Beniamino Maggio il gioco era fatto! 

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