I Giganti della Commedia: il PULCINELLA applaudito a Roma! (a cura di Domenico Livigni).

 Tanti furono (e sono tuttora) i fantasmi dell’Arte. Nomi che in un battibaleno si dissolsero nell’aria come fumo, carriere che precipitarono su un palcoscenico buio e abbandonato. Personaggi che in punta di piedi, quasi di nascosto, si affiancarono alle diverse sfolgoranti carriere dei protagonisti dello spettacolo italiano. Uno fra tutti, ad esempio, fu Francesco De Marco, un buon comico, discendente di quella dinastia di improvvisatori che mantennero viva la tradizione d’un teatro fatto di sollazzi e di battute schiette e popolari. A settant’anni dalla sua scomparsa poche sono le notizie che girano su di lui, sulla sua vita artistica e sui suoi successi. Un interprete “secondario” che, ai suoi tempi, era però considerato una celebrità, un divo dei teatri popolari: la maschera e il “coppolone” di Pulcinella per Francesco De Marco erano una cosa sola, materia viva, che per oltre quarant’anni portò più volte alla ribalta con grande successo. “Di Pulcinella aveva il fisico” - come scrisse il giornalista Umberto De Franciscis a proposito delle sue caratteristiche fisiche e attoriali della sua Maschera (Teatro. Rassegna quindicinale degli spettacoli, A.II, N.4, 15 febbraio 1950) - “un grosso viso ironico, delle spesse sopracciglia, lineamenti marcati, larga bocca sempre sorridente. 

La pelle era ruvida e spessa come il cuoio delle maschere.Recitava col grosso viso, con tutto il corpo, col ventre ballonzolante, con le mani massicce”. De Marco agli albori della sua giovinezza si trasferì da Napoli a Roma, dove il padre aveva importato la “caccavella” (il rustico e rumoroso strumento musicale delle feste popolari napoletane), e a sedici anni debuttò come macchiettista, esibendosi per qualche anno nei “café-chantant” di terz’ordine. Finché, un bel giorno, gli capitò un colpo di fortuna che stravolse la situazione: fu chiamato a sostituire un notissimo Pulcinella, Aniello Balzano, che recitava tutto l’anno nel teatro dell’Acquario. Il successo fu straordinario e il nuovo Pulcinella, accompagnato dal suo strumento musicale, fu battezzato da un pubblico vivace e partecipe col nomignolo di “Nfrù”. Dopo aver recitato in vari teatri della Capitale e aver fatto qualche breve tournée in Sicilia e in Toscana, decise di costituire, intorno al 1920, una sua compagnia con la quale per molti anni alternò la Commedia dell’Arteall’operetta buffa. In quel periodo, nella compagnia De Marco, passarononomi che in breve tempo sarebbero diventati notissimi: Totò e Aldo Fabrizi tra i primi. Poi, Adolfo De Vico con i suoi tre figli (Pietro, Antonio e Mario) e i fratelli Maggio.              

Un maestro, quindi, sul quale si potrebbero raccontare aneddoti singolari o gustosi episodi, invece la sua maschera è caduta in un impietoso oblio;e il ricordo di un bravo artista rimane nel silenzio, disperdendosi nella polvere acre che si alza battendo forte il piede sulle tavole da palcoscenico. 



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