MISERIA ARROGANTE E NOBILTA' UMILE (a cura di Antonio Cardellicchio)



Il musicologo e politologo Antonio Cardellicchio ci racconta un suo personale approccio alla figura del Principe della Risata


Bella la manifestazione inaugurale totoista del ciclo “Un Totò al Giorno”, a cura di Giuseppe Cozzolino, con la partecipazione di Elena Anticoli de Curtis e l’esperto Valerio Caprara.
Qui l’attore Marcantonio Scaramuzza ha recitato con efficacia la famosa “A livella”. Spesso essa viene interpretata, nella sua ovvietà letterale, in chiave egualitaria, livellatrice. Invece mostra solo una sincera invettiva contro la prosopopea e l’arroganza dei titolati di turno. Quelli che oggi aumentano a dismisura arroganza e arbitrio lo fanno proprio in un abito ultra-egualitario e livellatore.
Ma come si sa il nostro sublime artista vantava titoli principeschi molto altisonanti del tipo “Principe di Bisanzio”, “Duca di Cappadocia” etc, etc. sul più semplice fondamento di essere figlio riconosciuto di un piccolo nobile. Tale significativa “vanità”, certo non egualitaria, non toccava minimamente, anzi esaltava l’umana bontà e la naturale nobiltà (da vero principe) del nostro amatissimo De Curtis – Totò. Qualità che esprimeva nel più democratico dei comportamenti.

Il Nostro aveva un’esplicita autonomia personale verso ogni politicizzazione, che è sempre stata oggetto di una sua finissima satira. Una satira che ai suoi tempi, di aperta ed integrale politicizzazione, veniva bollata di “qualunquismo”. Mentre oggi una certa satira politica, in servizio permanente e spesso a senso unico, conduce ad una politicizzazione della satira che emargina una genuina satira della politica a tutto campo. Ci pare che una efficace ed autentica demolizione della prosopopea dei titolati venga proprio dai nobili più autentici e titolati della storia.
Esemplare in tal senso lo storico rito della sepoltura nella Cripta dei Cappuccini di Vienna degli Asburgo, Imperatori d’Austria, Re Apostolici d’Ungheria, Re di Boemia, di Dalmazia, di Croazia, di Galizia, etc. etc. (una sfilza di titoli che riempiva una intera pagina, tutti storicamente significativi, indicanti poteri a loro tempo legittimi, non oggetto di conquista, ma di matrimoni e negoziati). Rito rievocato con efficacia da Alberto Angela in una trasmissione TV sull’imperatrice Sissi. Ebbene l’uso era che davanti alla porta chiusa della Cripta, con la bara del sovrano, si elencassero più volte tutti quei titoli e il cappuccino di turno rispondesse ogni volta: “Non lo conosco”. 
Solo quando il ciambellano infine diceva (ad esempio): “Qui c’è Francesco Giuseppe peccatore” il cappuccino rispondeva: “Lo conosco” e apriva la porta per la sepoltura.
Forse l’umiltà del rito imperiale è vicina all’anima di Totò, principe De Curtis. Mentre i titolati odierni con il loro potere pervasivo fondato sull’ultra democrazia e sul trombone dell’uguaglianza, occupano in modo vessatorio le nostre vite dalla culla alla tomba.

Una nota. Giuseppe Cozzolino ha detto che uno dei meriti non secondari del Nostro è stato quello di esprimere un vento di ottimismo vitale in un tempo storico di distruzione, umiliazione e miseria. Noi totoisti sappiamo bene che solo negli ultimi decenni è largamente riconosciuta la elevata statura artistica di Totò e che essa è destinata a durare, a permanere nel suo valore e nella sua fecondità, come un dato costitutivo della più difficile delle arti, l’arte comica. Comicità ed umorismo sono un fattore essenziale di ogni civiltà umana che vuole restare tale. Non saper ridere di sé e degli altri o proibire di ridere è una strada che porta alla rigidità acritica e ad una cupa oppressione.
Miseria della tetraggine e nobiltà della risata.
Proprio la forza irradiante della suprema luce stilistica dell’arte di Totò genera quelle risate di gusto di un vasto pubblico popolare, anche alla ventesima o cinquantesima visione. Una luce tale da rendere ogni ripetizione una scoperta.

Un totoista da sempre e per sempre



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