I Giganti della Commedia: ALBERTONE fa 100 ! (a cura di Roberta Verde)

 

Sarebbe stato un compleanno importante quello di Alberto Sordi se quel 24 febbraio del 2003 il destino non lo avesse portato via. Perché l’Albertone nazionale, una delle stelle della commedia all’italiana, aveva ancora tanto da insegnarci, doveva ancora farci ridere (facendo riflettere) delle nostre miserie e piccolezze. Sordi era un abile interprete e narratore del sentimento medio italiano,“un artista che sapeva acchiappare rapinosamente i tratti, anche i più nocivi, del temperamento nazionale e di restituirli in forma comica” (Filippo Ciccarelli). La sua è stata una carriera lunga e prolifica (quasi duecento film), durante la quale ha dato vita a personaggi iconici, come “Nando Mericoni” il goffo ragazzone romano che sognava l’America mangiando italianissimi maccheroni. 

Interprete e regista di sé stesso, pochi anni prima di morire ha ricevuto diverse onorificenze, tra cui due lauree honoris causa. “Signorino” convinto, era gelosissimo della sua vita privata. Non amando la mondanità e non mettendo mai in evidenza le sue ricchezze, frutto di una instancabile dedizione al lavoro, sopportò per tutta la vita l’etichetta di avaro, una definizione in realtà lontanissima dal suo animo generoso e sempre prodigo verso il prossimo. 

Inizia la sua carriera come generico nel film Scipione l’Africano del 1937; subito dopo vince un concorso indetto dalla casa di produzione americana MGM come doppiatore di Oliver Hardy del celeberrimo duo comico Stanlio e Ollio. La sua voce calda e pastosa si rivelò perfetta per l’imponente corporatura del comico statunitense. Il mingherlino Stanlio aveva invece l’acuta e stridula voce di Mauro Zambuto. Fu sempre attivo come doppiatore e non solo prestando la sua voce a film americani; il suo timbro profondo è riconoscibile in Domenica d’agosto di Luciano Emmer (1949) dove doppia un Marcello Mastroianni agli albori della sua carriera mentre nel 1950 è la voce narrante del film Prima comunione di Blasetti, che fruttò ad Aldo Fabrizi, il protagonista, il Nastro D’Argento. Dopo aver interpretato parti di secondo piano in opere come I 3 aquilotti (1942)e Le miserie del signor Travet (Soldati, 1945),nel 1951 viene diretto da Roberto Savarese nel film Mamma mia che impressione! una produzione PFC (Produzione Film Comici) fondata da Vittorio De Sica e dallo stesso Sordi. Questo film, dove l’attore romano è per la prima volta protagonista assoluto, è un affresco (non riuscito, visto gli scarsi incassi) delle goffe gesta di Alberto, il “compagnuccio della parrocchietta”, adolescente sciocco e pedante attratto da questioni di natura spirituale ma innamorato della “signorina Margherita” da lui continuamente nominata. Questo personaggio era già noto al grande pubblico perché proposto dallo stesso Sordi in alcuni programmi radiofonici. La figura del “disturbatore” avrà poi una progressiva evoluzione, passando per il Gianrico de Lo scocciatore (1953, Bianchi) e per Romolo Proietti ne Il segno di Venere (1955, Risi). In entrambi i casi vittima delle sue continue vessazioni e richieste sarà un Peppino De Filippo in stato di grazia. 

Con Totò, attore da lui stimatissimo, Sordi condividerà il set in una sola occasione con il film Totò e i re di Roma, dove interpreta Palocco, un sadico maestro elementare che negherà il suo aiuto al povero archivista capo Totò decretandone la morte. Interpreterà il figlio di Eduardo De Filippo in Tutti a casa (che lo aveva diretto nel felliniano Fortunella), sarà il marito di Franca Valeri ne Il vedovo e il modesto impiegato Gianni Vivaldi de Un borghese piccolo piccolo, una delle regie più felici di Monicelli. Quest’opera, tratta dal romanzo omonimo di Vincenzo Cerami, oltre a confermare le innate doti attoriali di Sordi, un gigante anche nei ruoli drammatici, segna per i critici la fine della commedia all’italiana. Celebre l’amicizia con Federico Fellini che nel 1952 lo vestì da Sceicco Bianco, eroe sognato dalle avide e romantiche lettrici di fotoromanzi, ma che in realtà è un uomo vile e bugiardo. Come regista, realizzò 19 film (Fumo di Londra, 1966; Il tassinaro, 1983; Nestore, l’ultima corsa, 1994). Attivo anche in tv tra il 1979 e il 1986 conduce un programma da lui ideato, Storie di un italiano, che racconta la storia di costume dell’Italia del Novecento attraverso materiali d’archivio e film da lui interpretati. Immortale, maschera unica, Alberto Sordi è stato lo specchio senza filtri della società del boom, una società corrotta e complessa proposta sul grande schermo con un adorabile, ironico cinismo.






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