I Giganti della Commedia: UGO IL MAGNIFICO (A cura di Roberta Verde)

 “Nei miei personaggi non c’è un reale pentimento ma c’è la desolazione, la disperazione in certi casi. E comunque un rimanere attonito di fronte alla manifestazione dei propri difetti” il 27 ottobre del 1990 Ugo Tognazzi muore a causa di una emorragia celebrale. Muore nel sonno, così, all’improvviso, al punto da sembrare uno scherzo, una burla. Del resto, Tognazzi non ero nuovo a notizie contraffatte; nel 1979 l’artista cremonese prese parte a uno dei più celebri scherzi mediatici della nostra storia. Il settimanale satirico Il Male, che nel tempo si era specializzato nella riproduzione grafica delle prime pagine dei più importanti quotidiani nazionali, creò tre finte edizioni de “Il Giorno”, della “Stampa” e di “Paese Sera” che a caratteri cubitali davano la notizia dell’arresto di Ugo Tognazzi in quanto capo delle Brigate Rosse. La burla fu predisposta nei minimi dettagli e fu possibile grazie all’aiuto di Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello, che si prestarono allo scherzo con generosità, facendosi fotografare al momento dell’arresto.

Un’anima gioconda e scherzosa profondamente legata a Cremona, sua città d’origine, che omaggiava spesso attraverso fulminanti battute in dialetto. La parabola artistica di Ugo Tognazzi inizia nella seconda metà degli anni Quaranta quando viene scritturato nella compagnia di Wanda Osiris. Lavora anche con Macario, che si accorge subito della freschezza di Tognazzi, arrivando al punto da farsi sostituire dal giovane attore quando si trova impegnato nella realizzazione di film (come in Come persi la guerra). Risale al 1950 la partecipazione al primo film I cadetti di Guascogna, pellicola ispirata all’omonima canzone,dove interpreta il ruolo di Ugo Bossi. Co-protagonista del film è Walter Chiari. La carriera cinematografica di Ugo Tognazzi, benché non abbia un inizio brillante, prosegue spedita e in breve tempo l’artista diventa uno degli assi della commedia all’italiana. Graffiante, malinconico, burlesco, ha saputo dar vita con la medesima intensità e bravura a personaggi aspri e talvolta scomodi, laidi e sgradevoli senza mai tirarsi indietro. La sua geniale comicità era illuminata dal suo volto aperto, sincero, popolare, grazie al quale riusciva a restituire tutta la meschinità di un mondo sempre più arido e ostile. La sua capacità interpretativa, il suo estro lo resero un interprete innovativo, lontano dai caratteri istrionici dei suoi colleghi; e difatti negli anni Sessanta viene diretto numerose volte da Marco Ferreri (Una storia moderna-L’ape regina, La donna scimmia, L’uomo dai cinque palloni, L’harem) uno dei registi più innovativi e crudeli del nostro cinema. Sul sodalizio con Tognazzi, Ferreri dichiarò:

“Tognazzi rappresenta il mio periodo più importante, è la mia giovinezza. È stato il primo amico che ho trovato nel cinema; forse il secondo, dopo Rafael Azcona. Ho fatto con lui tutti i miei primi film, che senza di lui sarebbero stati impossibili. Perché era il mio ideale”. 

Fu molto stimato dai colleghi della vecchia generazione; tra i suoi più ferventi ammiratori figura Totò (Tognazzi e Sordi erano gli attori preferiti del Principe) di cui non solo fu imitatore, ma anche compagno di set (i due, infatti, lavorarono insieme in diverse occasioni: Totò nella luna, Sua eccellenza si fermò a mangiare). Questo legame di stima e affetto reciproci viene coronato dalla improvvisa sostituzione di Totò con Tognazzi nel film Il padre di famiglia di Nanny Loy: il comico napoletano, infatti, morì pochi giorni dopo l’inizio delle riprese. 

Il nome di Ugo Tognazzi è fortemente legato a quello di Raimondo Vianello, con il quale formò una delle coppie comiche più celebri dello spettacolo italiano (celeberrimo il programma di varietà Uno, due, tre andato in onda dal 1954 al 1959). L’impronta popolare di Tognazzi si sposava alla perfezione con la comicità discreta di Vianello, dando vita a sketch cult. Agli inizi degli anni Sessanta Tognazzi passa dietro la macchina da presa realizzando il film Il mantenutocon risultati che la critica definì all’epoca “deprimenti”. Grandissimo appassionato di cucina, nella sua casa di Velletri possedeva un frigo immenso da lui definito “una cappella di famiglia”. Tognazzi amava in egual modo le donne, verso cui aveva una passione irrefrenabile. Per dirlo con le parole di Macario “ogni occhiata era uno spogliarello”. Quella “voglia matta” che era sempre in agguato si assopì negli ultimi anni di vita, quando cadde in una profonda depressione che gli aveva tolto la voglia di vivere. E il sipario è lentamente calato sulla stagione d’oro della commedia all’italiana. 






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